Guastalla. Un folto gruppo di studenti dell'Istituto Russell ha incontrato il vocalist-attore.
MATTEO SETTI "IL CANTASTORIE" SALE IN CATTEDRA
Nei suoi racconti, i dietro le quinte di una vita "tra palco e realtà"
A scuola sì, ma di Musical: è stata una lezione inconsueta - ma non meno istruttiva delle solite - quella di giovedì mattina 1° febbraio, per un centinaio di alunni dell'Istituto "Russell" di Guastalla. Per iniziativa dei giovani di Otia (un gruppo di studenti - coordinato dalla prof. Patrizia Vezzani - che si occupa di gestire e programmare eventi culturali, anche extrascolastici), le cinque classi del Liceo delle Scienze sociali e il "gruppo Teatro" hanno partecipato all'incontro col cantante reggiano Matteo Setti.
Non si esagera definendolo una delle migliori voci di tutto il panorama musicale italiano. Setti è noto ormai da tempo al grande pubblico per l'eccellente interpretazione del cantastorie Gringoire nell'«opera popolare» Notre Dame de Paris.
Sale in cattedra, e ne esce subito l'indole energica e solare. Per oltre un'ora, l'intera Aula magna sta ad ascoltarlo con piacere. Non fatica ad instaurare un contatto «live» col suo giovanissimo uditorio. Sa essere comunicativo, istintivo, spontaneo. Proprio come quand'è sul palco: si racconta, scherza, diverte e si diverte in prima persona. Lo si vede dalla gestualità spigliata, ma ancor di più dagli occhi, che s'illuminano specie quando gli chiedono cosa significhi stare in scena. Una magia che si ripete ogni volta, costruita però in anni di prove e sacrifici. Nessuna facile illusione.
Classe 1972, figlio d'arte (di padre cantante e musicista negli anni '60), Matteo imbocca il sentiero artistico quasi... inconsapevolmente, in parallelo con una vita normalissima.
Le occasioni gli si presentano una dopo l'altra, inattese. Lui la chiama "fortuna". Forse è qualcosa di più.
Nel parlare, alterna alcuni aneddoti ("... interminabile l'attesa di quelle ore in ansia, durante le selezioni per il cast di Notre Dame") a vere e proprie nozioni tecniche di canto, non senza dare - su richiesta esplicita - qualche saggio concreto delle sue capacità.
Le sue potenzialità le ha scoperte relativamente tardi. "La folgorazione? Nel '91, quando seguii in tv i funerali di Freddie Mercury". Un evento che lo sblocca e gli fa scoprire una passione prima sconosciuta, il canto. Di lì a pochi anni si ritrova a emulare il leader dei Queen (e ci riesce bene) con la band dei Radio Ga Ga. "La nostra terra, l'Emilia, è feconda di promesse e talenti. Beh, coraggio ragazzi, continuiamo così!".
Mesi e mesi vissuti calcando i palcoscenici dei più grandi teatri del Paese, a fianco di attori e ballerini, hanno certo allargato i suoi orizzonti e affinato la sua sensibilità artistica. Non male come curriculum per uno che fino a vent'anni non aveva mai preso una lezione di canto.
Ma non c'è solo la voce. "Specialmente quando si è 'personaggi' in uno spettacolo, si deve sempre conservare anche una connessione diretta coi movimenti, la fisicità, la gestualità, le espressioni del volto. L'aspetto emotivo poi, è fondamentale: il 'sentire' e vivere come un brivido lungo la schiena quello che si sta eseguendo - in perfetta simbiosi tra il sentimento dell'artista e le sue potenzialità fisiche - è il modo più vero di 'passare' agli spettatori l'emozione. Più il corpo 'si apre' e rimane fluido, più la voce e il suono escono ampi, viaggiando dritti verso chi ci guarda e ascolta".
Prima di congedarsi, sospinto dalle vivaci richieste di tanti, Matteo concede un «solo voice», sfoggiando la sua voce calda e potente per l'esecuzione di "Luna", uno dei brani più intensi del repertorio di Notre Dame. Spettacolare, è proprio il caso di dire. "Ho un particolare legame affettivo con questa canzone", spiega, mentre il suo viso si vela appena di commozione, prima di chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalle note. "Mi ricorda mio padre. Morì in quei giorni, fra il 2001 e il 2002, proprio quando con Notre Dame stavamo raggiungendo il successo...".